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Noi e la Giulia - Recensione

18/02/2015 | Recensioni |
Noi e la Giulia - Recensione

Falliti, frustrati, infelici, in una parola “sfigati”, eccoli di nuovo: un gruppetto di quarantenni (e un cinquantenne) alla deriva, tra lavori insoddisfacenti, problemi economici (e giudiziari), crisi sentimentali (o, per meglio dire, abbandoni), frustrazioni politiche (si ci sono anche quelle), depressioni croniche.
Cinque persone alla deriva, e non è una novità, anzi quasi la norma nel nostro Paese. Ma questa volta si decide di coltivare un sogno, di dare spazio al famoso ‘piano B’ (che nella vita è sempre meglio avere), il desiderio di qualcosa di diverso (“Quando allo schifo per il lavoro si aggiunge quello per la città cominci a elaborare il tuo piano B. A 20 anni era il chiringuito sulla spiaggia. A 40, quasi sempre, si tratta di un agriturismo” dice Diego, voce narrante del film).
I primi ad apparire in scena sono Diego (Luca Argentero), un venditore di auto costretto spesso a ‘costernarsi’, Fausto (Edoardo Leo), un piazzista televisivo pressato dai creditori, e Claudio (Stefano Fresi), ex proprietario di uno storico negozio di gastronomia che ha appena chiuso bottega, tre quarantenni che, stanchi dei propri fallimenti o di fare lavori poco gratificanti, fuggono dalla città e dalle loro mediocri vite. Da perfetti sconosciuti, i tre si ritrovano uniti nell’impresa di acquistare un casale per realizzarci un agriturismo. A loro si unisce ben presto Sergio (Claudio Amendola), un cinquantenne ex comunista invasato e fuori tempo massimo e in seguito Elisa (Anna Foglietta), una giovane donna incinta e un po’ fuori di testa. Ad ostacolare il loro sogno, arriverà Vito (Carlo Buccirosso) un camorrista venuto a chiedere il pizzo alla guida di una vecchia Giulia 1300. Questa minaccia li costringerà a ribellarsi al sopruso in maniera rocambolesca dando vita a un’avventura tragicomica.
Un sogno e una ribellione (ma forse anche il sogno di una ribellione), cinque pazzi (come si poteva chiamare il loro agriturismo se non Casal dei Pazzi?) che si oppongono a ciò che appare dovuto, anzi, soprattutto inevitabile. Almeno in Italia, dove i soprusi, i ricatti, le estorsioni, sono il pane quotidiano in tutti i campi, dalla malavita alla politica.
Qui però l’estorsione è tutta da ridere, essendo opera di un bizzarro camorrista che viene a reclamare il pizzo a bordo di una vecchia Giulia Alfa Romeo verde dotata di un mangianastri difettoso che parte all’impazzata quando meno te lo aspetti, risuonando celebri brani di musica classica. Presi da impeto di ribellione e volontà di non prestarsi ai ricatti della malavita, i quattro soci nell’impresa lo prenderanno in ostaggio. Ma il rapporto con il prigioniero si trasformerà in qualcosa di davvero anomalo. Il resto ve lo lasciamo gustare, vi diciamo solo che la resistenza prenderà forme sempre più bizzarre e rocambolesche.
Non arrendersi, non soccombere, non rinunciare ai sogni, questa è la parola d’ordine della terza fatica registica di Edoardo Leo che è rimasto folgorato dal romanzo “Giulia 1300 e altri miracoli” di Fabio Bartolomei. Pur con esiti meno brillanti del sorprendente Smetto quando voglio, Noi e la Giulia mette in scena quelli che potremo definire dei fratelli dei protagonisti del film di Sydney Sibilla (oltre a Edoardo Leo, altra presenza comune ai due film è Stefano Fresi), anche loro dei quarantenni che tentano di scrollarsi di dosso l’etichetta del fallito facendo qualcosa di diverso.
Con alcuni omaggi all’illustre commedia all’italiana (Ettore Scola è il debito evidente dichiarato dallo stesso regista), il film scherza sugli eterni difetti dell’italiano medio (pregiudizi e razzismo dettato dall’ignoranza in primis) e al contempo lancia un bel messaggio, valido per tutti e a tutte le età, perché non è mai troppo tardi nella vita.
A conti fatti, la commedia è piacevole, ha meccanismi ben oliati (anche se quasi due ore sono una durata un po’ eccessiva), vanta una bella colonna sonora (che mescola noti brani di musica classica a hit degli anni Ottanta come “Paradise”) e una pregevole fotografia. Leo fa ulteriori passi avanti nel suo mestiere di regista, azzardando movimenti di macchina e angolazioni di ripresa particolari, curando personalmente i look dei personaggi (dalle magliette comuniste di Amendola al codino da tamarro 2.0 del suo venditore televisivo) e giocando su un efficace finale aperto.
Gli attori sono in perfetta sintonia con il clima del racconto, dall’occhialuto venditore di auto Luca Argentero (e per una volta nessuna donna cade ai suoi piedi dicendogli che è troppo bello), al corpulento e nevrotico Stefano Fresi, dalla toscana giramondo incinta interpretata da Anna Foglietta, fino all’irriducibile compagno nostalgico fedelissimo di falce e martello (oggetti utili a tanti usi) interpretato da un barbuto Claudio Amendola. Ciliegina sulla torta, la partecipazione di uno straordinario Carlo Buccirosso nei panni del camorrista amante della musica classica e delle vecchie auto.
Per non vergognarsi mai dei propri fallimenti. O meglio, uno sprone a ripartire proprio da questi.

Elena Bartoni
 

 


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